Wall Street è morta. Viva Wall Street
La tendenza ormai pare irrefrenabile: negli USA le banche e le società finanziarie stanno cadendo come mosche. Si susseguono ormai a ritmo continuo i crack fallimentari dei maggiori istituti quotati in borsa e ogni volta è un record. L'ultimo, ma solo in ordine di tempo, è la Washington Mutual (WaMu), un crash da 1,9 miliardi di dollari che fa seguito all'altrettanto "rumoroso" fallimento della Lehman Brothers. Di certo l'economia USA è in crisi, nel suo complesso, forse sull'ondata dei crash down dei mutui facili per gli immobili che giovanotti spregiudicati avevano concesso a piene mani senza badare tanto alla solvibilità del mutuo stesso. La crisi del colosso del capitalismo mondiale potrebbe di per se essere un fatto localizzato nel tempo e nello spazio ma oggi, in epoca di economia globalizzata, non è più così. Banche e istituti finanziari di mezzo mondo sono implicati nella vicenda ( e con loro, milioni di ignari risparmiatori) avendo investito a vario titolo in azioni e fondi di queste società. Una specie di effetto domino mondiale la cui fine è lontana e che, anzi, va assumendo sempre di più i caratteri del tracollo economico mondiale. I motivi potrebbero essere essere semplici e difficili da trovare. Semplici perchè, come molte cose che avvengono made in USA, la volatilità del sistema economico americano è nota: poche garanzie negli investimenti, la ricerca a tutti i costi del massimo profitto, un sistema di welfare che fa acqua da tutte le parti. Ma, nello stesso tempo, la difficoltà nel reperire una causa della debacle, è dovuta proprio al fatto che gli USA, sin da quando si sono sgonfiate le ex tigri asiatiche ( ma prima dell'avvento del boom economico cinese e indiano e della ripresa anche economico della Russia) gli Usa, dicevamo, erano diventati i padroni indiscussi del pianeta, anche dal punto di vista economico. La solidità era data proprio da questo fattore: il monopolio del potere mondiale. Ma hanno voluto strafare e con un grossolano errore di valutazione, gli analisti finanziari yankee non hanno tenuto conto della capacità di reggere nel medio-lungo periodo quel ruolo di predominio. E ora tutto il mondo trema, tutti, meno forse le forti economie dei nuovi astri nascenti : Cina ed India e, in misura minore ( ma con la coscienza della forza che è loro data dai beni di approvvigionamento energetico) anche la Russia, che vede quasi una seconda rinascita. L'Europa ancora regge, forse proprio grazie a quel sistema di welfare e di controli più ferrei che contraddistinguono le economie delle varie entità del vecchio continente ( elementi questi che erano considerati un freno ad una ripartenza economica ma che, vediamo oggi, la stanno salvando dallo Tsunami USA). Il tramonto è certo, ritengo, sull'economia USA. Non credo che i 700 miliardi di dollari che l'amministrazione Bush vuol mettere sul campo per riparare gli errori di almeno 30 anni di spregiudicato capitalismo ( tra l'altro questa boccata di ossigeno sarà pagata dai contribuenti comuni che vedono di cattivo occhio questa misura, al punto che gli stessi repubblicani al Congresso hanno rispedito al mittente la proposta). La patata bollente passa nelle mani del prossimo inquilino della Casa Bianca, Obama o McCaine che sia. Ma il Sunset Boulevard ormai è imboccato. Con una nota a margine, ma solo per curisità malefica mi viene in mente quel signore tedesco molto barbuto, tedesco, che alla fine del secolo scorso predisse, con la sua teoria dei cicli economici la fine stessa, per autoimplosione, del Capitalismo. Si chiamava Karl Marx, ma sarebbe un'altra storia..
Etichette: Barack Obama, Bush, capitalismo, fallimento, Globalizzazione, Lehman Brothers, Marx, McCaine, Wall Street, WaMu
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